Contrariamente al credo popolare, la libertà non è un diritto, è un dovere, nel senso che è qualcosa che ci possiamo guadagnare, per gradi, relativamente a quanto produciamo e a quanto contribuiamo alla crescita e allo sviluppo della società in cui viviamo, il che significa che più contribuiamo, più libertà possiamo ottenere.
Se la libertà fosse in diritto (sacro santo), allora non esisterebbero le prigioni.
Il livello di contribuzione che ognuno di noi può dare nel mondo, è la conseguenza della produttività, che è relativo alla conoscenza e della preparazione su come funziona il mondo, per la precisione, su come funziona il Sistema.
Nasciamo liberi, nel senso che quando veniamo al mondo siamo individui senza alcune legame di alcun tipo, ma non appena nasciamo veniamo iscritti all’anagrafe, smettiamo di esserlo, nel senso che da quel momento in poi, abbiamo degli obblighi verso la società e verso il mondo, che sono i doveri sociali. Più bravi siamo ad adempiere agli obblighi sociali e ai doveri verso la società, più libertà ci viene concessa.
Fra i tanti obblighi e doveri, quello più importante è, appunto, quello di contribuire sempre di più alla crescita e allo sviluppo socio-economico, perché da qui deriva il progresso dell’umanità.
L’iscrizione all’anagrafe è quella cosa che certifica la nostra appartenenza al mondo, quella cosa che fa di noi degli elementi parte integrante di un meccanismo, che è il Sistema.
Quanto segue è il pensiero di Bakunin, filosofo russo, sulla libertà.
Sono un amante fanatico della libertà, la considero l’unica condizione nella quale l’intelligenza, la dignità e la felicità umana possono svilupparsi e crescere.
Non la libertà concepita in modo puramente formale, limitata e regolata dallo Stato, un eterno inganno che in realtà non rappresenta altro che il privilegio di alcuni fondato sulla schiavitù degli altri.
No, io mi riferisco all’unico tipo di libertà che merita questo nome… la libertà che non conosce restrizioni, se non quelle che vengono determinate dalle leggi della nostra personale natura, leggi che non possono essere considerate vere restrizioni, perché non si tratta di leggi imposte da un legislatore esterno, pari o superiore a noi, ma di leggi immanenti e inerenti a noi stessi, che costituiscono la base del nostro essere materiale, intellettuale e morale: esse non ci limitano, [in quanto] sono le condizioni reali e naturali della nostra libertà..»
«È sulla finzione di questa pretesa rappresentanza del popolo e sul fatto concreto del governo delle masse popolari da parte di un pugno insignificante di privilegiati, eletti o no dalle moltitudini costrette alle elezioni e che non sanno neanche perché e per chi votano; è sopra questa concezione astratta e fittizia di ciò che s’immagina essere pensiero e volontà di tutto il popolo, e della quale il popolo reale e vivente non ha la più pallida idea, che sono basate in ugual misura e la teoria dello Stato e la teoria della cosiddetta dittatura rivoluzionaria.»