La fine del topo è la fine a cui sono destinate le masse, miliardi di persone in tutto il mondo, di conseguenza al piano per il Grande Reset e al piano massonico per la creazione del mondo migliore.
I dati sull’evoluzione della distribuzione della ricchezza spiegano che a partire dalla fine della seconda guerra mondiale un numero sempre maggiore di persone hanno perso sempre di più e sono andate a stare sempre peggio, e che sempre meno persone, in percentuale, hanno accumulato sempre più ricchezze e sono andati a stare sempre meglio.
Siamo al punto in cui il 10% della popolazione mondiale possiede il 90% della ricchezza totale della Terra, il che significa che tutti gli altri, cioè più del 90% della popolazione mondiale, deve accontentarsi delle briciole. Come topi, questi ultimi si azzuffano gli uni con gli altri per le briciole di un immenso banchetto che si godono in pochissimi, i primi, che sono quelli che prosperano.
Gli uomini-topo sono i maleducati alla vita, persone educate a credere in ideali, principi e valori di basso valore, che portano a pensare a se stessi, sbattendosene della società e del mondo, e a considerare l’arricchimento economico come un simbolo di successo e di felicità.
Sono più del 90% della popolazione mondiale, gli schiavi del dio soldo, quelli che sono finiti nella trappola dei topi, inseguendo i soldi, e sono divisi in due categorie; i lavoratori e i criminali.
Entrambi sono destinati a fare la fine del topo, perché considerati un danno all’umanità, perché entrambi, chi in un modo, chi nell’altro, causano malessere alla società e al mondo.
Quelli che rimarranno sono i Super Humans, o uomini superiori, come li definiva Nietzsche, persone che vivono secondo natura, in quanto interessate a crescere e a prosperare, e che per riuscirci creano le condizioni affinché altri possano fare altrettanto. Sono meno del 10% della popolazione attuale, una percentuale destinata a diminuire, i meritevoli di vita vera.
L’ideale dei soldi come mezzo per raggiungere il benessere e la felicità è il cacio che ha fatto finire intrappolate le masse di uomini-topo in una gabbia all’interno della quale si esiste nell’interesse di altri, più che nel proprio, come schiavi, appunto, ma una gabbia dalla quale si può uscire, sfruttando la crisi che sta per arrivare, una crisi di cui molto si parla ma di cui poco si dice, come imprenditori e come investitori.
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